Io che vivo in barca, vi svelerò tutti i miei trucchi (di vela e di pesca)
Buongiorno a tutti, è giusto iniziare presentandomi. Io sono Riccardo Fracchia con doti e difetti. Gli ultimi li conoscerete nel tempo e le poche doti ve le racconto subito, per primo marinaio per secondo grande fan e lettore del Giornale della Vela, e per terzo appassionato di barche, mare, vela, natura, pesca, meccanica, cucina e navigazione. Insomma banale perché sono tutte cose che piacciono anche a voi. In ultimo, e non rientra di certo tra le doti è giusto dire che sono comandante ed armatore di Clovis, un'imbarcazione per me molto speciale che dal '97 è una seconda mamma e una grande scuola di vita nonché è stato il mezzo che mi ha permesso di affinare e coltivare tutte le tutte passioni sopra elencate. Per questo sono qui a scrivere e a parlare di mare con voi, di mare in tutti i suoi aspetti: quello che è, quello che offre e le splendide ed importanti attività che con esso si svolgono. E’ forse giusto dire prima di iniziare che tutto ciò che vi racconterò nelle seguenti righe di questo mese e dei prossimi, non è semplice teoria appresa in vari corsi di biologia o seguendo un seminario o ancora di più frutto dei preziosi scambi a bordo con biologi, scienziati o studiosi. Meglio non si tratta solo di questo; vi parlerò della mia personale esperienza di chi il mare lo vive in ogni suo aspetto 365 giorni all’anno.
Perché “noi” io e la mia compagna Marika da ormai 1500 giorni trascorriamo tutto l’anno su Clovis, la nostra amata mamma di alluminio con due possenti alberi senza foglie. Vivendo sul mare con e grazie ad esso attraverso tutte le stagioni che il nostro prezioso emisfero sa regalarci. Questi miei racconti sono frutto delle esperienze di chi non solo per piacere si muove col vento, ma anche per vita, scelta e lavoro; accettando di muoversi in funzione degli eventi e del meteo che il grande blu propone ed impone. Pescando e cucinando quando il mare lo permette e vivendo ogni giorno l’incessante usura di sole e sale, ma galleggiando tutto l’anno. Quindi terminando i lunghi preamboli... parliamo di mare! Inizierò a raccontarvi da oggi in questo momento 23:26 di mercoledì 6 Marzo 2019 in coordinata N38°43.58 E1°.24.56 esatta posizione dove ci troviamo con la brava Clovis all’interno del ben ridossato porto di Formentera. In questo momento ci sono 20/22 kts di vento da sud-ovest che è la direzione vento prevalente per i mesi invernali, esattamente l’opposto del nord-est fresco e secco che spira nei mesi estivi. Proprio quel Grecale che è una piccola fetta del potente vento che nasce nel golfo del Leone, con il nome di Maestrale. Questo vento possente e freddo, per tre quarti si abbatte sulle coste occidentali della Sardegna raggiungendo e comprimendosi nel canale di Sicilia, andando in direzione di scirocco. Qui invece nell’arcipelago delle Baleari muta, la compressione del vento nel temuto golfo del Leone ne spinge una parte verso la calda terra delle isole, infatti una fetta prende direzione verso SW a Libeccio. Questo vento, carico del freddo di Tramontana (trans montes), dopo essere passato dai gelidi Pirenei, scollina il magico promontorio di Cap de Creus che ospita uno splendido faro e una mistica cittadina di mare dal nome di Cadaques; e da qui quest’aria vola sopra il temperato mare e poco a poco si mitiga, giunge alle Baleari, prima investe con forza la selvaggia ed esposta Minorca per poi avvolgere la grande Maiorca arrivando fino alle più piccole e lontane Ibiza e Formentera dove qui è più lieve, mantenendo le caratteristiche piacevoli di brezza fresca che accarezza le isole.
Questo vento estivo da maggio a ottobre incita a splendide veleggiate in tutte le ore di termica, e in alcune giornate è così tesa da farci giocare un po’ con i terzaroli e i fiocchi. Ma non è questo il momento di parlare di meteorologia. Vorrei raccontarvi dell’attività che insieme alla manutenzione della nostra impegnativa barca ha occupato le mie giornate e le mie nottate invernali: la pesca. Partendo dall’antichità la pesca è sicuramente una di quelle attività che ha permesso all’uomo di crescere, nutrirsi e svilupparsi nei millenni fino ad oggi. O meglio, fino a ieri perché attualmente da qualche decina di anni come tutti vediamo la pesca è diventata industria, che non è volta a sfamare, ma anzi solo a fare enormi profitti; considerando molto poco i danni ambientali che essa può provocare. Parlando con molti pescatori negli anni (persone che mi hanno fin da piccolo profondamente affascinato per la loro vita e la loro scorza) mi è stato spesso raccontato che in tanti casi, o meglio in diversi tipi di pesca ad esempio lo strascico praticato in alcuni luoghi e in alcune profondità entro i limiti prescritti dalla legge, provoca danni enormi. In quanto dal 20 al 40% del pesce pescato non ha mercato, e per tipologia, dimensione o condizione viene rigettato a mare ovviamente senza vita.
In secondo luogo basti pensare ai nostri supermercati e alle grandi pescherie, che acquistano molto pescato dal nostro mare e dai lontani oceani; aumentano la richiesta e conseguentemente la pesca. Questo solo per riempire freddi banchi, che devono avere grande offerta e scelta di pesce come se fosse una verdura coltivata in serra, o un articolo prodotto in catene di montaggio. Ma purtroppo non è così molti pesci rari e pregiati, che hanno valore nei più importanti mercati, e sono impiegati in prelibati piatti di sopraffini ristoranti; vivono e si nascondono in luoghi e tratti di mare, che vengono profondamente violati pur di catturarli. Dopo aver parlato con molti diretti interessati mi è stato raccontato di quanto di questo pescato dopo 3-4 giorni, o chi addirittura dopo 5-6 è costretto a sbarazzarsene, in quanto non è più nelle condizioni di essere venduto. Dico questo soltanto perché è da quando sono molto piccolo che pesco, da prima con una semplice canna fissa all’età di 4-5 anni per poi passare all’evoluta canna con mulinello fino poi ad arrivare dieci anni fa in cui pescavo dalla spiaggia o dalla barca con minimo 5 o più canne contemporaneamente. Ciò mi ha permesso di riscontrare quanto il nostro mare e il nostro pesce sia profondamente cambiato negli ultimi 20 anni e con la pesca in apnea ho imparato a notare quanto nel tempo anche il comportamento del poco pesce rimasto che viene soventemente cacciato sia cambiato. Tornando a noi, sono molto appassionato di alcune tecniche di pesca mentre altre non le ho mai considerate e approcciate; forse per le grandi soddisfazioni ottenute con i sistemi che più amo, o più probabilmente perché le ritengo per certi aspetti invadenti; anzi in qualche caso addirittura sleali.
Non faremo infatti, in nessun modo la morale a riguardo di alcune tecniche, in quanto ognuno sceglie ciò che vuole. A patto di effettuare una pesca coscienziosa, considerando e osservando i vari parametri, che possono aiutare il pescatore neofita, o ancor peggio esperto a non danneggiare ed impattare con l’ambiente. Questi accorgimenti saranno da utilizzare, e calibrare in base alla stagione al luogo alla preda che vogliamo insediare ed al tipo di pesca che abbiamo scelto; infatti sarà importante conoscere le leggi del luogo e le regole del mare tenendo cosi in considerazione la misura degli ami, gli orari e i tempi di pesca, i periodi riproduttivi delle varie speci, l’esca utilizzata, il luogo ed il periodo, la luna e la marea, le correnti e molte altre importanti variabili. Le tecniche di pesca che pratico più spesso sono: la traina di costa, la pesca a fondo e il bolentino, e la traina veloce d’altura. Mentre le tecniche che amo di più sono: il palamito in ogni sua forma, che sia di profondità per i pesci di fondo e le orate o con i galleggianti, per gli sparidi, fino ai palamiti di mare aperto con boe e grandi ami per i tonni o i pesci spada. Ma forse quella che amo di più e mi lega maggiormente all’ambiente marino è la pesca in apnea con il fucile, che sia con la tecnica di agguato; o l’aspetto per quello che le mie capacità polmonari mi concedono. La traina di profondità con esca viva (calamaro, aguglia o sugarello) per pescare pesci preziosi come il dentice la riccioli o i grossi pagri. La tecnica che porto avanti da quando sono bimbo a cui ora dedico sempre meno tempo come dicevo prima è il surfcasting, dalla spiaggia o dalle scogliere con 3-4 canne ben attrezzate e ben posizionate. Quindi non vedo l’ora di potervi raccontare tutto ciò che so, e di poter apprendere da voi tutto quello che mi manca, così vi saluto e vi aspetto al prossimo episodio; pronto con un po’ di foto a chiaccherare con voi sulla pesca, nel nostro amato e poco rispettato mediterraneo.